Il lavoro del matematico

Il problema di definire quali sbocchi lavorativi può avere una laurea in matematica si può sintetizzare con una battuta che gira su Internet e che ho qui adattata:

Trova l’intruso tra:
a) Una laurea in medicina
b) Una laurea in ingegneria
c) Una laurea in matematica
d) Una pizza formato gigante

La risposta è c, perché solo con a, b e d puoi sfamare una famiglia di quattro persone.

Per esempio un laureato in medicina farà quasi certamente il medico, ci sarà qualcuno che si occuperà di insegnamento o ricerca, magari come seconda attività, ma possiamo affermare che a questo titolo di studio corrisponde una ben definita professione.

Lo stesso vale per il laureato in ingegneria, che potrebbe anche orientarsi verso l’insegnamento o a tante altre cose, ma la sua professione consisterà nel costruire edifici, ponti, strade; sarà un ingegnere.

Un laureato in matematica può anch’esso orientarsi verso la ricerca o l’insegnamento, ma in realtà qual è il suo mestiere? Quale professione si può associare a questo titolo di studio? Il quesito è spiazzante perché si suppone una volta uscito dall’università il matematico insegni matematica, e ciò mette in evidenza il fatto che questa laurea non è una laurea come le altre perché non conduce a un “mestiere”. Si potrebbe pensare il motivo di ciò sia il fatto che la matematica è un’attività inutile dal punto di vista pratico, mentre invece non è questo il motivo.

Per fare il lavoro del medico per legge è necessario aver studiato medicina, altrimenti per legge non è possibile visitare malati e prescrivere cure. Così pure non si può costruire un edificio senza che un tecnico con i requisiti di legge firmi un progetto.

Quindi in primo luogo i laureati in queste e in molte altre discipline possono iscriversi ad un albo professionale ed inoltre la legge impone che solo gli iscritti a questi albi possono svolgere determinate attività.

Il motivo non è quindi che la matematica sia una disciplina inutile, ma che chiunque, al contrario di altri lavori, può fare il lavoro che dovrebbe essere di specifica competenza del matematico: la legge non prevede che alcune cose siano “math proof”, verificate cioè da uno specialista iscritto all’albo.

Ma qual è il lavoro specifico del matematico? La competenza che contraddistingue un matematico è essenzialmente la capacità di ragionamenti validi. Conosce tutti i tipi di ragionamento (induzione logiche), una serie di tecniche che gli permettono di affermare che le conclusioni a cui giunge sono corrette, per esempio è capace di ragionare per assurdo: di cosa si tratta? Negando la conclusione a cui si vuole giungere si cerca una contraddizione con una delle ipotesi, si conclude che la conclusione è verificata. Per esempio vogliamo dimostrare che i numeri sono infiniti. Enumerarli tutti non è possibile, quindi supponiamo che i numeri siano in quantità finita. Questo genera nei più un rifiuto: perché affermare che siano in numero finito se vogliamo dimostrare che sono infiniti? Si tratta solo di una tecnica di ragionamento.
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Se i numeri sono in quantità finita, e il più grande, è, per esempio, 100000000000000000000000 o qualunque altro. Ma ciò vorrebbe dire che non si può sommare 1 a questo numero perché si otterrebbe un numero maggiore del numero più grande!

Siccome sappiamo che è sempre possibile sommare 1 ad un qualunque numero la nostra ipotesi per assurdo è sbagliata: non è vero che i numeri sono in quantità finita, cioè i numeri sono infiniti.

È inoltre facile per un matematico comprendere che, sebbene “se 2+2=3 allora 0=1” è una frase vera, 2+2 non fa 3 e 0 non è 1.

Insomma un matematico oltre ad avere uno spiccato gusto per il paradosso, come si può capire da questo post, conosce una serie di tecniche che gli consentono di verificare se un’affermazione è corretta o meno: ma solo il matematico? Certamente no, chiunque può studiare questi argomenti, come chiunque può leggere un manuale di medicina o un libro di teoria delle costruzioni, ma andreste da queste persone a farvi curare o farvi costruire la casa? Credo proprio di no, anche perché la legge non lo consente. Eppure ascoltate ragionamenti fatti da chiunque, non “math proof” e li prendete per buoni.
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Non esiste una figura di un “verificatore” dei ragionamenti, con tanto di albo e requisiti selettivi per essere ammessi. Si pensi al vantaggio per un autore poter esibire nei suoi saggi e nei suoi articoli un bollino “logicamente testato”, una garanzia di qualità che a sarà un vanto esibire. Senza contare i discorsi dei politici: in genere sembra che dicano sempre cose corrette; in questo modo dovrebbero o adeguarsi a ragionamenti logici o perdere credibilità. In alcuni casi il bollino dovrebbe essere obbligatorio per legge, per fornire garanzia su problematiche delicate: si avrebbe lo strumento per capire se l’interlocutore è una persona affidabile o solo un venditore di tappeti. Poter distinguere chi cerca di dibattere realmente su un argomento e chi invece cerca di convincere con slogan o giochi di parole, i professionisti della supercazzola.

Il vero mestiere del matematico è quindi questo, un mestiere che, malgrado sia necessario, non esiste, almeno per ora.